Sono depresso.
Spesso me lo sento dire.
Ma cosa vuol dire davvero essere depressi? Vuol dire sentirsi un po’ giù? Un po’ tristi? No, sentirsi tristi non vuol dire soffrire di depressione.
La tristezza è un’emozione fisiologica normalissima. Essa ha una funzione adattativa, motivazionale e di analisi.
La tristezza è passeggera, come ogni altra emozione.
La depressione non è un’emozione ma un disturbo e in quanto tale va curata. Non ha nulla di adattativo o funzionale. Non è passeggera ma relativamente cronica, se non trattata.
Umberto Galimberti parlando di depressione ha affermato che: “L’anima del depresso non è più solcata dai residui della speranza. E le parole che alla speranza alludono, le parole di tutti, più o meno sincere, le parole che non si rassegnano, le parole che insistono, le parole che promettono, le parole che vogliono guarire languono tutte attorno al depresso, come rumore insensato.”
Quando siamo tristi ci passa la voglia di impegnarci in particolari attività, magari non abbiamo tanta voglia di uscire ma rimaniamo attivi.
La tristezza modifica solo leggermente il nostro stile di vita abituale.
La depressione, invece, è caratterizzata da una rovinosa resistenza ad agire chiamata abulia. Il depresso è sconfortato da questo stato di apatia. La routine viene alterata, non si mantengono gli impegni e i doveri delle varie arie della vita quotidiana.
Quando siamo tristi cerchiamo il conforto dell’altro, qualcuno che ci consoli.
Anche nella tristezza potrebbe esserci un certo grado di isolamento ma, quando parliamo di depressione c’è un rifiuto costante del contatto con l’altro.
Una persona triste, nonostante il dolore, è in grado di guardare avanti e progettare il futuro. Chi vive uno stato depressivo va incontro alla disperazione che non gli permette di progettare e proiettarsi nel futuro.
Quindi se vi sentite tristi, accettate la vostra tristezza, perché è un’emozione come le altre. Non rifiutatela, non denigratela. Anzi, accoglietela, capitela e rielaboratela. Provate a vivere questo stato come un momento di introspezione, un’occasione per fare silenzio e ascoltare voi stessi. Non cedete all’illusione che si debba sempre e per forza essere felici, allegri e sorridenti.
Eric Fromm sosteneva che “non si può essere profondamenti sensibili in questo mondo, senza essere molto spesso tristi”.
Se quello che provate é un malessere grande, profondo e persistente nel tempo allora rivolgetevi ad un professionista.
Dare il giusto nome a ciò che proviamo è il primo passo per capire che strada intraprendere.
Dott.ssa Laura Riva – psicologa